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Storia di Piazza San Carlo

Storia di Piazza San Carlo

“Piazza San Carlo, come fosse un libro di storia” è il titolo di un’interessante serata conviviale con la relazione del dottor Alberto Riccadonna, direttore della rivista Torino Storia e già in passato gradito ospite del nostro Club. Questa volta l’argomento della serata non è stato niente di meno che piazza San Carlo (qualcuno dice che sia la piazza più bella del mondo), esaminata proprio come se fosse un libro di storia.

RIccadonna e Lucchetti

Il Caval ‘d Brons

La piazza, con la sua architettura e bellezza, è tutta una celebrazione della fondazione di Torino Capitale. Guidati dal relatore, la nostra esplorazione è partita dal monumento amichevolmente detto “Caval ‘d Brons” raffigurante Emanuele Filiberto e posizionato al centro della piazza per ricordare un vero e proprio fatto di cronaca con una data precisa: il 10 agosto 1557. Quel giorno, dedicato a San Lorenzo, segnò la vittoria nella battaglia di San Quintino, in cui Spagnoli e Piemontesi, guidati da Emanuele Filiberto, sconfissero i Francesi. Dopo questa valorosa vittoria, furono restituiti ai Savoia i loro territori e la capitale del Ducato fu successivamente spostata da Chambery a Torino.

Il monumento, però, fu costruito quasi tre secoli dopo il fatto che viene celebrato. Infatti, fu commissionato da Carlo Alberto nel 1838 per lanciare il Risorgimento dando dignità al potere politico del Regno di Savoia, pronto a conquistare tutta l’Italia. Oltre alla rappresentazione plastica di Emanuele Filiberto nell’atto di riporre la spada, nel basamento, sul lato verso le montagne, è rappresentata la battaglia di San Quintino (1957), mentre sul lato verso le colline viene rappresentato il trattato di pace di Cateau Cambresis (1959), che sancisce il diritto a governare Torino.

Comincia la storia di Piazza San Carlo

Com’era a quel tempo Torino? Nel 1563 diventa capitale e l’anno successivo inizia la costruzione della Cittadella. Il dottor Riccadonna ci ha mostrato ed illustrato la prima mappa di Torino, che risale al 1572 e mostra una città tutta contenuta all’interno delle mura romane. Per dare un’idea, l’attuale centralissima via Santa Teresa correva appena fuori dalle mura. Negli anni immediatamente successivi a questa mappa, si sentì l’esigenza di sfondare le mura per allargare la città, così nei primi decenni del Seicento si spostarono le mura verso ovest fino all’attuale via Andrea Doria e in questo ampliamento verrà costruita piazza San Carlo, inizialmente detta Piazza Reale.

La Sindone arriva a Torino

Come mai, allora, la piazza venne poi dedicata a San Carlo? Qui comincia un’altra storia che ha come protagonista la Sindone, arrivata a Torino nel 1578. Il trasferimento della Sindone da Chambery, dov’era allora custodita, fu un’operazione simbolica fondamentale per consacrare il Duca come il depositario del sudario di Cristo. La Sindone a Torino arrivò con uno stratagemma: l’arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, durante l’epidemia di peste, aveva fatto voto di recarsi a piedi a visitare il sudario, così Emanuele Filiberto ordinò di trasferire la tela a Torino come gentilezza per abbreviargli il cammino. Guarda caso, si dimenticò di riportarla indietro.

Inizialmente venne intitolata a San Carlo la prima chiesa costruita nella nuova piazza, poi la piazza intera come segno di riconoscenza a Carlo Borromeo. Perfino nel 1938 il Caval ‘d Brons viene inaugurato il 4 novembre, proprio nel giorno nella festa di San Carlo. Il tema della Sindone e di Carlo Borromeo si ripete ossessivamente in tutta la piazza, anche nel timpano della chiesa e nei dipinti collocati all’interno. Poi, ai quattro angoli della piazza c’erano quattro dipinti della Sindone (oggi ne restano due) per presidiare quell’idea.

Anche nella vicina piazza Castello ci sono rimandi alla stessa storia, a partire dalla Chiesa di San Lorenzo, che è l’ex-voto del Duca per la vittoria di San Quintino, avvenuta nel giorno di San Lorenzo. Poi, la cappella della Sindone è la più alta e fa parte di Palazzo Reale, dichiarando così in modo plastico che il potere politico conta più del potere ecclesiale.

Dopo la relazione, sono seguite numerose domande, alle quali il dottor Riccadonna ha risposto con cortesia e simpatia. Soprattutto, con grande competenza, è stato capace di “far vivere” oggi la storia del passato.